Per gli amanti della musica la Domenica è ben più sacra di quello che pensa la gente 'normale'.
Il genere non è importante, quello che conta è avere qualcosa di emozionante da ascoltare.
Dunque, che sia un hangover o semplicemente polleggio assoluto, non fa differenza.
Occorre il beat giusto: senza il groove perfetto non vai da nessuna parte.
Il terzo appuntamento con il Frisella Weekly continua sulla linea intrapresa nei due appuntamenti precedenti: mentre nel 'capitolo' introduttivo il nostro Frisellone esplorava in lungo e in largo i meandri del funk, la settimana scorsa ci ha portato in desolate lande dub in compagnia di alcune delle migliori voci femminili della scena.
Sette belle bombe che andranno a formare un'unica arma. Nessuna distruzione di massa però, solo tante basslines che andranno a deliziare i labirinti membranosi del vostro orecchio.
Oggi dedichiamo un po' di spazio a quelli che sono i nostri suggerimenti. Preparate il carrellino perchè in questo appuntamento parleremo di due interessantissime uscite: una freschissima novità ed un bel classicone riesumato dai sepolcri dell'underground.
ARCHIE PELAGO - Hall of Human Origins (2013, Styles Upon Styles)
Qualche mese fa, girovagando tra le pagine di un noto negozio di dischi online ed attratto dalla fantasiosa copertina, ascoltai per la prima volta la preview del precedente EP degli Archie Pelago, "Sly Gazabo": mi ha aperto un mondo. La perfetta collisione tra elettronica e strumenti 'reali' era assolutamente perfetta. A distanza di mesi non saprei come chiamare quella miscela, ma ero davanti ad un particolare ibrido di house dubbeggiante ed influenze jazz. Una specie di elettronica barocca, per essere fantasiosi.
Il trio in questione, proveniente da Brooklyn, è composto da Hirshi, Cosmo D e Kroba. Insieme si divertono e suonano un'infinità di strumenti: fiati, piano ed archi fusi con drum lines che sembrano uscire direttamente dalle mani di una tribù del centro america, dando vita ad un genere davvero singolare.
"Hall of Human Origins", EP partorito sulla Newyorkese Styles Upon Styles, è composto da cinque tracks che fanno volare la mente ed il corpo verso ambienti lontani, perfette per quel pubblico che ama muovere il sedere a ritmo di un'elettronica scaltra ed intelligente.
L'opening "Chronomancer" mette subito le cose in chiaro: una calda sezione ritmica introdotta da dolci fiati fa da apripista per le altre 4 perle, su tutte la title track, posta in chiusura come degna conclusione di un disco da gustare tutto d'un fiato.
LORDS OF THE UNDERGROUND - Keepers of the Funk (1994, Pendulum Records)
Vent'anni fa sulla East Coast si faceva sul serio, e questo lo sappiamo tutti. L'hip hop VERO la faceva da padrone e gente come De La Soul e A Tribe Called Quest spingevano beats aggressivi e 'cicciotti' giunti ad intricate metafore in giro per il paese, scoperchiando il genere e dandogli nuova vita. Imparata questa lezione e soprattutto quella dei pionieri dei decenni precedenti, da Afrika Bambaataa alla Sugarhill Gang passando per Grandmaster Flash, il trio dei Lords of the Undergroundrilascia il secondo album, un inno al funk.
Il gruppo si scioglierà l'anno dopo, dunque questo rimane l'atto conclusivo di una brevissima carriera, 'arricchita' da una reunion partita nel 1999 e da altri due dischi che però poco e niente aggiungeranno al valore artistico della band (anche per il contesto storico in cui sono arrivati).
Trainato dal gran successo del singolo "Tic Toc", l'album raggiunge la posizione 57 all'interno della Billboard top 100, in quegli anni dominata dagli ultimi respiri del grunge e dall'esplosione del punkrock californiano.
La mia preferita è senz'altro "Neva Faded" che, abbracciata dal bellissimo sample di "Funky Drummer" di James Brown, contiene tutti gli elementi classici della east coast, elementi che ti investono durante l'intro del disco e che ti trascinano per chilometri su un'autostrada anni '90 a bordo di una Cadillac.
Per questa settimana quindi, due gruppi provenienti dalla stessa zona. Due generi diametralmente opposti e due contesti storici che più diversi non si può.
Nella speranza che il vostro Saturday night non abbia deluso le aspettative, vi presento il secondo appuntamento con Frisella Weekly. Piccoli piaceri sonori capaci di portarvi a zonzo per il mondo con un solo click.
Il nostro Max Frisella questa settimana ha dato ampio spazio alle corde vocali femminili: una 'profonda' gita sulle route Texane in compagnia di deliziose ugole quali Bajka, Andreya Triana & Kathrin DeBoer.
Dub, trip-hop e downtempo la fanno da padrone, quasi possedessero una vera e propria anima. Tu spostati, ci pensano loro a guidare
La favola di Benjamin Stanford, conosciuto come Dub FX, è da raccontare ad amici, parenti, colleghi e figli. Quelli che credono nella potenza della musica ovviamente.
Parliamo di un trentenne australiano, esempio lampante di come la perseveranza unita all'amore viscerale per tutto quello che ruota attorno all'underground, possa portare a traguardi enormi ed impensabili. Un ragazzo normale, innamorato come tanti di noi della cultura dub, della profondità del reggae, dell'hip-hop & della drum'n'bass.
Corre l'anno 2002 ed un giovanissimo Stanford decide di accantonare per un po' il suo paese e di tagliare con la band in cui canta e suona, un gruppo chiamato Twitch. Fatto ciò, inizia a viaggiare armato di pedaliera, chitarra e buona volontà: nasce Dub FX, lo street performer.
Nasce anche un nuovo ed alternativo modo di comporre brani musicali.
A soli ventidue anni infatti, Benjamin comincia ad intromettersi nella scena musicale Europea, girando per piazze e portando il suo stile, quella fantastica capacità di creare musica (assolutamente live), usando al meglio le sue immense doti da beat boxer e 'stuprando' letteralmente l'amata pedaliera, con la quale modula al meglio la sua voce e crea degli ipnotici loops da utilizzare come basi.
Il gioco è fatto, la voce si sparge e Dub FX, assieme all'inseparabile compagna Flower Fairy comincia ad essere sulla bocca di tutti.
Una cosa che ancora oggi continua a contraddistinguerlo è la sua assoluta indipendenza: tutto ciò che produce, i suoi show, dipendono esclusivamente da lui. Benjamin è completamente indipendente e tutte le info che lo riguardano girano per passaparola o tramite i social network.
Nel 2009 la svolta definitiva: esce "Everythinks a Ripple", primo album in studio di Dub Fx.
Quattordici splendide tracks, molte già note proprio grazie alle innumerevoli street performance accumulate in giro negli anni precedenti.
Pur essendo l'anti-star, Stanford deve fare i conti con la notorietà; ormai è a tutti gli effetti un personaggio di culto. Il resto è storia. Nel 2010 esce un altro album, "A Crossworlds", in collaborazione con il producer Australiano Sirius, nuovo featuring dopo quelli con la sua ragazza e col sassofonista Mr.Woodnote.
Mi trovo qui a parlare di questo ragazzo perchè sono innamorato della sua storia: oltre ad essere estremamente talentuoso, lo stimo profondamente. Partire dallo zero assoluto e costruirsi un fedelissimo seguito senza architettare nulla, semplicemente diffondendo l'amore e la passione. Questa è musica! Questa! Non tutte le puttanate iperprodotte, non i personaggi patinati, non quelli che "io ascolto quello che capita", non le major..maledette loro! Dalla storia di Benjamin c'è solo da imparare. I suoi video hanno milioni & milioni di visualizzazioni, la scena alternativa lo adora e lui non smette di vendere i cd in piazza durante le sue performance continuando a divertirsi con i suoi amici.
"I'm always focused on how to dirty my voice while I keep it in tune, and that's a very difficult thing to do - that requires a lot of control. But for me, taking it to the next level means I can make my voice sound like anything I want."
Così Benjamin descrisse il suo stile in un'intervista.
Attualmente Dub Fx sta preparando il nuovo album, "Theory Of Harmony": per finire di realizzarlo e promuoverlo non poteva di certo scegliere un modo tradizionale, anche perchè come già detto, l'indipendenza è la sua religione. Senza casa discografica fare uscire un album a livello mondiale è pressapoco impossibile. Lui, per riuscirci, ha lanciato una superba iniziativa, ovvero una "Pledge campaign". Di cosa si tratta, direte voi.
Beh, guardate un po'. Se non vi ho convinto finora, lasciate che a farlo sia questo!
Seguendo l'artista in questione da tempo, con questo video mi sono emozionato un bel po'.
Ripeto, la sua storia è bellissima e dovrebbe spingere chiunque a credere nei propri mezzi: oltre ad essere buonissima musica siamo davanti a VITA VERA. La passione prima di tutto.
Quante volte vi è capitato di ascoltare tale canzone di tale artista e dire "Cazzo! Questa era in quel film fighissimo dove la tipa alla fine..." ?
Scommetto tantissime.
Io per quanto riguarda le classifiche sono un inguaribile romantico. Ho cercato quindi di mettere insieme 25 pezzi che a me personalmente fanno pensare ad altrettanti momenti di bellissime pellicole.
Vediamo un po' se ve le ricordate tutte :)
25. BLACKSTROBE - "I'm a Man", from RocknRolla (2008)
Ve lo spiego subito. Avete presente le televendite di Giorgio Mastrota? Benissimo, i nostri picks saranno le scelte di Step Lab_, i materassi su cui lo staff vi consiglierà di riposare.
Non per forza nuovissime uscite, non per forza grossi calibri..quello che ci piace è andare a cercare muschi & licheni nel sottobosco più profondo, guidarvi all'ascolto di producers difficilmente raggiungibili utilizzando il sentiero principale.
Quindi, ricapitolando, ogni settimana 2-3 scelte, quelle necessarie per arrivare al Mercoledì successivo.
DIGITAL VELVET - Digital Velvet (2013, Bedroom Research)
Da settimane provo a capacitarmi del fatto che un EP come questo stia passando quasi del tutto inosservato. Andiamo con ordine: Digital Velvetè un nuovo progetto messo su da Julien Chastagnol, conosciuto ai più come Ruby My Dear, e Anna Maury alla voce, nota all'interno della scena underground francese grazie al coinvolgimento in diversi act di natura dub.
Rispetto alla musica proposta come Ruby My Dear, qui Chastagnol ha decisamente un approccio più soft con l'elettronica, visto l'accantonamento di quelle tinte jungle o addirittura breakcore che assume solitamente la sua musica.
Questo EP di debutto dei Digital Velvet si spinge più verso l'onirico, esplorando nel corso delle 5 tracce l'elettronica in lungo e in largo.
Per far rendere al meglio la voce di Anna, Julien mette da parte l'urgenza delle sue solite produzioni, accantonando spesso la velocità e lasciando spazio al 'viaggio'. Mentre elementi quasi glitch ed IDM la fanno da padrone, l'orecchio viene deliziato da bassi profondi e da una sezione ritmica quasi trip-hop, scomodando paragoni con alcune produzioni dei Portishead o dei Massive Attack (con le dovute misure, ovvio).
Delle 5 tracks, la mia preferita è sicuramente "Lidocaine", che annovera il featuring di Non, MC del collettivo Shadow Huntaz, non nuovo al coinvolgimento in progetti simili.
L'EP è uscito per Bedroom Research, etichetta di nicchia francese dedicata, parole loro, "to freestyle, crossover and deviant electronic music with a focus on discovery".
Il tutto lo trovate qui, disponibile in modalità 'name your price', ovvero, se lo volete aggratis basta digitare '0'.
Godetevelo ;)
BAHAMADIA - Kollage (1996, Chrysalis)
Dopo la succulenta novità, ecco un classicone come si deve che, a mio avviso, è impossibile non conoscere. Premessa: se si decide di parlare di un disco come questo è difficile non partire dai produttori; tre nomi..Dj Premier, Guru, Da Beatminerz. Il duo dei Gang Starr, dunque, unito ad una leggendaria crew di Brooklyn.
Parto dal lavoro che c'è dietro semplicemente perchè è PERFETTO. Se siete amanti della vecchia scuola, di quel rap datato che quasi un ventennio dopo continua a trasudare influenze jazzy & soul, con quest'album andate sul sicuro.
Non sono un grande amante delle MC di sesso femminile ma quando si parla di Antonia Reed cambio leggermente opinione e mi arrabbio un po': Bahamadiaè sottovalutatissima e raramente mi è capitato di ascoltare un flow piacevole e graffiante allo stesso tempo. Assieme a Jean Graeil suo stile è quello che più mi fa salire sulla macchina del tempo, ricordando con piacere il mondo della scienza doppia H come qualcosa di costruttivo, innovativo e soprattutto credibile.
"Kollage" è una miniera di singoli: da "Uknowhowwedo" a "3 tha hard way" passando per "True honey buns" il sound è fresco e di alta qualità.
Un must have a tutti gli effetti insomma.
Ascoltatelo quiepoi ditemi se non ho ragione :) ASC - Programme 01 (2013, Auxiliary)
L'aspetto più interessante della musica elettronica è l'infinita capacità di evolversi con il passare del tempo. La tecnologia assume un ruolo fondamentale in questo processo di evoluzione, diventando tutt'uno con la mente e l'anima dell'artista.
Il Regno Unito è sicuramente uno dei centri culturali musicali più attivi in Europa ormai da decenni; possiede infatti una capacità di innovare, creare e mischiare generi e sottogeneri così innata da risultare unica nel mondo.
E' anche il caso di James Clements aka ASC, producer che ha bivaccato qua e la in Inghilterra. Ascoltando la sua musica si capisce benissimo che tipo di ambienti abbia frequentato.
Nella sua carriera artistica vanta numerose collaborazioni (Synkro, Indigo, Synth Sense, per citarne alcune), ma questo è il suo primo album da solista.
L'opening track dell'album, "Solemnity", ci catapulta direttamente in una lenta e ripetitiva marcia di suoni industrial, mescolati al meglio con synth freddi e gelide linee vocal di chiaro stampo British. In "Fulcrum" invece tutto si fa più disteso, i suoni più melodici e il giro di bassi rilassa il nostro apparato uditivo. La terza traccia, "Wave Upon Wave", è una staffetta in grande stile tra clap, kick e snare elettronici che si inseguono tra i riverberi intrecciando un ritmo davvero particolare e palpitante, quasi si passassero il testimone. Nella track conclusiva, tutto il talento di Mr. Clements viene fuori: "Lone Star" è curata nei minimi dettagli: molti cambi ritmici e profonde tastiere suonate ad Hoc creano un ambiente onirico davvero surreale.
Un album da ascoltare assolutamente. Dove lo trovate?